La liquidazione TFR è una situazione a cui è bene pensare se si ha intenzione di mettere fine a un rapporto di lavoro o se si è in prossimità della scadenza del contratto.
Trattamento di fine rapporto: ecco come gestirlo
Guida
La liquidazione TFR, come sopra ricordato, è obbligatoria quando giunge a conclusione un rapporto di lavoro. Ricordiamo anche che, in caso di volontà del lavoratore di chiudere i rapporti con una determinata realtà, è suo dovere fornire un congruo preavviso.
La durata del preavviso di dimissioni è definita a seconda del CCNL di riferimento e varia in base all’anzianità e all’inquadramento del dipendente. Esiste però un caso in cui non è necessario fornire il preavviso: le dimissioni per giusta causa.
Si parla di dimissioni per giusta causa quando c’è da parte del datore di lavoro un comportamento scorretto che non consente la prosecuzione del rapporto di lavoro nemmeno provvisoriamente. In questi casi è possibile dare le dimissioni in tronco.
Si configurano come cause di dimissioni per giusta causa, ad esempio, il mobbing, le molestie sessuali e il mancato pagamento di una o più mensilità. Per tutti gli altri casi di dimissioni, è necessario il periodo di preavviso.
Una volta presentate le dimissioni, o la comunicazione del licenziamento (nel caso sia il datore di lavoro a recedere unilateralmente dal contratto) è poi obbligatorio procedere al calcolo e al pagamento del trattamento di fine rapporto, in base a quanto contenuto nell’articolo 2120 del Codice di procedura Civile.
In quali casi va liquidato il trattamento di fine rapporto?
Per avere riferimenti normativi chiari sul trattamento di fine rapporto è necessario considerare il già citato articolo 2120 del Codice Civile. Tale testo ricorda che la liquidazione TFR è obbligatoria, a prescindere dai motivi che hanno portato alla conclusione di un rapporto di lavoro dipendente e, ovviamente, anche dalla tipologia del contratto.
Il datore di lavoro è quindi tenuto a versare il trattamento di fine rapporto al dipendente sia che il suddetto opti per le dimissioni volontarie, sia in caso di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo.
Come si calcola l’ammontare del trattamento di fine rapporto?
Oltre che soffermarsi sulla liquidazione TFR è anche importante documentarsi sulle modalità di calcolo del suddetto trattamento.
Il trattamento di fine rapporto viene calcolato tenendo conto del cumulo di giorni e ore che il soggetto ha maturato lavorando per una determinata realtà aziendale.
L’ammontare del TFR è quindi uguale alla retribuzione spettante al lavoratore in un determinato anno di lavoro, che deve essere poi divisa per 13,5.
Si agisce riducendo l’importo in questione in caso di frazioni di mese la cui durata risulti uguale o superiore ai 15 giorni.
Cosa succede in caso di mancato pagamento TFR
Il datore di lavoro deve elargire all’ex dipendente il trattamento di fine rapporto nel giro di pochi giorni dal momento in cui cessa il rapporto lavorativo, affinché sia garantito il rispetto delle normative indicate nei Contratti collettivi nazionali di categoria cui si fa riferimento.
I termini temporali per l’erogazione del TFR possono andare da 30 a 45 giorni a partire dalla fine del rapporto lavorativo. Ma cosa succede in caso di mancato pagamento del TFR? Nel caso in cui il datore di lavoro non dovesse corrispondere il TFR entro i termini previsti, questi è chiamato a pagare non solo il trattamento di fine rapporto, ma anche degli interessi per il ritardo del pagamento.
Questi interessi vengono calcolati fino al giorno dell’effettivo pagamento del TFR, di conseguenza maggiore sarà il ritardo più alti saranno gli interessi spettanti al lavoratore. A questo punto possiamo fare cenno alle opzioni di destinazione del TFR. Il lavoratore può infatti scegliere se destinarlo a fondi pensionistici oppure se lasciarlo maturare in azienda.
Trattamento di fine rapporto: informazioni sulla riscossione
Nel momento in cui ha la facoltà di richiedere la liquidazione TFR, il lavoratore che ha appena concluso un rapporto professionale può scegliere se riscuotere il trattamento nella sua interezza, oppure se destinare l’intera somma o una quota di essa a un fondo pensione.
Un caso particolare riguardante la riscossione del trattamento di fine rapporto è quando il beneficiario ha in corso un prestito su cessione del quinto dello stipendio. I titolari di questi prodotti infatti sono tenuti a vincolare il trattamento per tutta la durata del piano di ammortamento del prestito, che non può essere superiore ai 120 mesi.
Questa misura è necessaria in quanto il TFR del lavoratore costituisce l’unica garanzia di solvibilità del prestito in questione, che viene erogato solo a chi può vantare un contatto di lavoro dipendente e quindi una busta paga.